Le Memorie dal sottosuolo, Dostoeskji

Dostoevsky conosceva molto bene il mondo di fantasia che noi oggi chiamiamo maladaptive daydreaming. Oltre ad averlo descritto nelle già citate notti bianche, compare anche ne “Le memorie dal sottosuolo” di cui condividiamo un brano.

 

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Responses

  1. “… A poco a poco però cominciai ad abituarmi anche a questo. Mi abituavo a tutto, cioè non è che mi abituassi, ma in qualche modo accettavo volontariamente di sopportare ogni cosa. Però avevo un sistema che placava tutto: quello di trovare la salvezza nel “bello e sublime”, naturalmente nei sogni. Sognavo disperatamente, sognavo per tre mesi consecutivi, raggomitolato nella mia tana…
    … Ma quanto amore, santo cielo, quanto amore invadeva la mia vita, durante questi miei sogni… ”
    Mi sembra di intravedere qui tre concetti fondamentali che sono venuti fuori anche durante il percorso con gli incontri di gruppo: la presa di distanza dalla fonte del dolore, l’isolamento e il disperato bisogno del “bello” e del “buono” e dell’amore inteso nel senso più ampio possibile, Torno sempre allo stesso punto: la mancata accettazione di come è la vita, di quello che ci circonda e di quello che ci accade porta alla dissociazione…
    Quell’esclamazione così forte: “ma quanto amore, santo cielo, quanto amore invadeva la mia vita” da’ l’idea della potenza del senso di gratificazione della fantasia e mi ha colpito molto.
    Lui era con buona probabilità un MDDer; non ne parla mai in senso negativo o in termini di tempo perso, ma spesso ne parla al passato, come se si trattasse di un capitolo chiuso; aveva però sviluppato una compulsione al gioco d’azzardo e quindi forse ha sostituito un disagio con un altro…

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