Intervista al Dr. Nirit Soffer-Dudek
L’articolo che segue è tratto dall’intervista di Valeria alla dottoressa Nirit Soffer Dudek, linkato di seguito.
Oltre a collaborare nella ricerca con Eli Somer, la dottoressa Nirit Soffer-Dudek è a capo del Laboratorio di Consciousness and Psychopathology presso l’università di Nejev. Da quanto tempo stai studiando il maladaptive daydreaming, e da quali prospettive?
Tutto è iniziato nel 2015, quando ho pubblicato un lavoro sull’assorbimento dissociativo – del quale parlerò meglio tra poco – e la sua relazione ha con l’OCD, cioè con il disturbo ossessivo compulsivo. L’ assorbimento dissociativo è una tendenza a concentrarsi moltissimo su un singolo stimolo dimenticando quasi completamente tutto il resto, al punto da far fatica a notare i cambiamenti nell’ambiente circostante. In alcuni casi potrebbe trattarsi proprio di daydreaming e molto spesso, effettivamente, è così. Maladaptive daydreaming era un termine che non conoscevo nel periodo in cui ero interessata all’assorbimento dissociativo. La maggior parte degli studi collega la dissociazione al trauma, ma il mio interesse era rivolto alla dissociazione comune, media, o moderata, e non alla dissociazione grave; il mio obiettivo era quello di studiarla come disagio non necessariamente derivante da un episodio traumatico.
Negli scorsi anni ho studiato a fondo il disturbo dissociativo in relazione con l’OCD, e quando il professor Eli Somer lesse la mia pubblicazione capì immediatamente che le nostre ricerche avevano molto in comune. Proprio in quel momento lui stava rifocalizzando i suoi studi sull’MD, dopo averlo messo da parte per più di 10 anni. Le pubblicazioni con il questionario, assieme a quelle che hanno creato una nuova ondata di ricerche, non erano ancora state pubblicate – o stavano per essere pubblicate – quindi mi contattò chiedendomi di leggere qualcosa e sottolineando gli aspetti che accomunavano i nostri studi. Per persuadermi mi inviò alcune e-mail di maladaptive daydreamers che gli scrivevano dopo aver letto il suo articolo del 2002, e leggendoli mi sono resa conto di dover approfondire il tutto; da allora lo sto aiutando a promuovere la ricerca su questo interessante fenomeno, aiutando chi ne soffre. Provengo da un background di ricerca sui sogni notturni, dopodiché mi sono occupata della dissociazione della coscienza alterata da svegli, e ora grazie a Eli Somer sono anche una ricercatrice che studia il Maladaptive Daydreaming.
Come avrai notato le comunità online che accolgono maladaptive daydreamers sono molto attive, così ho chiesto al gruppo facebook Maladaptive Daydreaming Italia di pormi delle domande alle quali avresti potuto rispondere. Tra queste, è stato chiesto se il maladaptive Daydreaming possa essere considerato una compulsione, e in che modo si relazioni con l’OCD.
Nei nostri studi abbiamo scoperto che c’è una forte relazione tra l’MD e l’OCD, ma non una relazione di comorbidità. Tuttavia, sembra che ci sia un medesimo meccanismo sottostante. In uno dei nostri studi, da cui è derivata una pubblicazione che è stata condivisa con Eli Somer, abbiamo scoperto che l’OCD era l’unico disagio variabile cresciuto nei giorni antecedenti all’aumento del maladaptive daydreaming. Molto interessante osservare come la crescita di ossessioni e compulsioni può essere ciò che dà il via ad una serie di cause, intersecate fra loro. Che si tratti di ossessione o di compulsione, non possiamo ancora dirlo con precisione. Ci sono aspetti del maladaptive daydreaming che sono tipici dell’ossessione, perchè alcune persone lo percepiscono come intrusivo e sentono di averne pochissimo controllo, o un controllo alterato.
Devo dire però che non tutti i maladaptive daydreamer condividono questa esperienza, alcuni lo vivono in un modo più controllato. Sentono un’urgenza e decidono consapevolmente di abbandonare quello che stanno facendo per dedicarsi al daydreaming, sapendo poi di poter ritornare a svolgere le proprie attività con più controllo.
Il maladaptive daydreaming è più simile ad un’ossessione a causa della sua intrusività, ma dall’altra parte è più una compulsione perchè e qualcosa di comportamentale, ciò che si fa è un comportamento. Si tratta, quindi, di una compulsione comportamentale mentale.
A questo punto ci siamo chiesti: è più simile a un’ossessione o a una compulsione? In un altro studio – non ancora pubblicato – si è trovata una forte correlazione con la compulsione. E le compulsioni sono tipiche dell’OCD. Per quanto riguarda le ossessioni, invecehanno in comune con il maladaptive daydreaming l’abitudine a rimuginare e l’incapacità di fermare lo stimolo quando esso minaccia di pervadere la mente.
La mia prossima domanda sarebbe stata proprio sull’ossessione, ma prima vorrei capire meglio cosa accade durante i giorni che precedono l’affiorare del daydreaming. Potresti spiegare meglio lo studio che avete compiuto?
Durante questo studio giornaliero abbiamo seguito delle persone per quattordici giorni, se ricordo bene, e abbiamo misurato ogni giorno l’intensità e la frequenza del maladaptive daydreaming, misurato il livello di depressione, d’ansia, i livelli di ossessività e di compulsività, i livelli di ansia sociale, di emozioni positive o negative. Con questi parametri volevamo scoprine le relazioni nei singoli individui durante la giornata. Molti studi sono interfunzionali: si misura tutto in un momento preciso, dopodiché i dati raccolti in più giorni vengono paragonati fra loro. Ad esempio, nei giorni in cui la frequenza e l’intensità del maladaptive daydreaming aumentano, tenderanno ad aumentare anche l’ossessività e la compulsività.
Quindi i soggetti in questo studio avevano tutti delle compulsioni?
No, non tutti. Avevamo 77 soggetti nello studio, quindi c’erano delle varianti. La cosa interessante era notare le varianti da una giornata all’altra, e non solo da un soggetto all’altro. Abbiamo tenuto conto anche della relazione temporale, cercando quindi di capire se l’ossessività cresce non solo nel giorno in cui l’attività del MD è più intensa, ma anche durante il precedente o il successivo. L’OCD era l’unica variabile in crescita nei giorni antecedenti a quelli in cui aumentava il daydreaming. Nei successivi, forse, l’OCD era più una conseguenza; inoltre, i soggetti erano più depressi e negativi.
Cosa sappiamo riguardo all’essere ossessivo nelle relazioni, o all’ossessione verso qualcuno? E come si rapporta ciò con l’MD? Questo e un argomento abbastanza diffuso nelle comunità online.
Esiste un gruppo di ricercatori nel campo OCD che ha identificato un sottotipo particolare di OCD che è l’OCD focalizzato nelle relazioni, chiamato relationship OCD, o abbreviato ROCD. Si tratta di un fenomeno molto interessante e seguito da diversi ricercatori israeliani, ma non è ancora conosciuto a livello internazionale. Riguarda perlopiù soggetti che soddisfano tutti i criteri dell’OCD, ma l’oggetto delle loro ossessioni e delle loro compulsioni è legato a domande e a dubbi riguardanti le relazioni. Ad esempio “lo amo davvero, sono davvero innamorata? Quello che sto provando è davvero amore o si tratta di semplice infatuazione?”
Questo tipo di OCD può avere a che fare con il maladaptive daydreaming perchè il contenuto delle fantasie può essere di natura sessuale o sentimentale. Non so se esista uno studio focalizzato sulla relazione fra l’ROCD e l’MD, ma di certo sarebbe molto interessante da svolgere.
Passiamo a un’altra domanda. Alcuni soggetti nelle mie community riportano di avere disturbi di scarnificazione (pizzicarsi e strapparsi la pelle compulsivamente) o di tricotillomnania (strapparsi i capelli); ci potrebbe essere una connessione con il maladaptive dreaming, o potrebbero essere un’alternativa a comportamenti ripetitivi come il camminare?
Questi due disturbi, aggiunti nel 2013 al manuale psichiatrico ufficiale dei disturbi, sono stati inseriti nel capitolo degli OCD. Condividono poche fenomenologie caratteristiche come l’urgenza compulsiva di fare qualcosa per ottenere la sensazione di sollievo che le segue, compulsione tipica del maladaptive daydreaming.
Nello studio fatto con Eli Somer ed il dr. Colin Ross abbiamo analizzato la comorbidità con il maladaptive daydreaming, trovando correlazioni veramente molto alte con i disturbi di scarificazione. E’ stato molto curioso scoprire che era più correlato con l’OCD di quanto sembrasse.
Non ricordo con precisione, ma forse il 20% circa del nostro campione aveva un riferimento molto alto se comparato con la prevalenza all’interno della popolazione. La relazione fra le due cose era innegabile, e naturalmente ci siamo domandati il perchè. Ora sono necessarie altre ricerche, ma molto probabilmente c’entrano i movimenti ripetitivi, che aiutano alcuni soggetti ad entrare in un particolare stato mentale. Tutto ciò porta ad un quesito interessante in merito al rapporto fra corpo e mente. Forse c’è bisogno di questo tipo di stimolo nel corpo per accedere a una determinata dimensione mentale e per rimanere in contatto con essa, o forse al contrario è funzionale per mantenere un contatto con il corpo. È un tema su cui credo sia necessaria ulteriore ricerca, al momento seguo uno studente che nella sua tesi tratterà proprio quest’argomento, la relazione fra corpo e mente. Capire che cosa accade al corpo mentre si è assorbiti nella propria mente gioverà molto alla ricerca in quest’ambito.
Perchè un soggetto che ha disturbi dell’attenzione può diventare anche un maladaptive daydreamer?
Nel nostro studio ci siamo occupati anche di questo, tutto è partito dallo studio sulla comorbidità di cui ho parlato.
Abbiamo trovato, nel campione, delle prevalenze pazzesche di ADHD (disturbo dell’attenzione ) e ADHD senza iperattività; circa l’ 80% del campione aveva comorbidità con deficit di attenzione, senza alcuna differenza d’età. A quasi tutti i soggetti rientranti in questa percentuale non era stata fatta una diagnosi. Essendoci solo la difficoltà di concentrazione senza l’iperattività, abbiamo pensato che non si trattasse davvero di ADHD ma che fosse una conseguenza dell’MD. Questo ci ha portato a fare un altro studio, al momento in attesa di revisione, nel quale abbiamo intervistato un nostro studente, Nissan, che ha a sua volta intervistato parecchi soggetti con l’ADHD cercando in particolare, all’interno del campione, persone a cui fosse stato diagnosticato ufficialmente. All’interno di questo campione, i daydreamers erano il 20%, e non l’80%. Ci saremmo aspettati una percentuale più elevata. In conclusione, di certo non sono la stessa cosa. Inoltre, parlando con loro, abbiamo scoperto – come ci aspettavamo – che chi aveva l’MD parlava di difficoltà di concentrazione come effetto del daydreaming. Sentivano l’urgenza di fantasticare e non riuscivano a concentrarsi durante le lezioni: questo faceva si che incontrassero i criteri per il deficit di attenzione, ma sono dell’opinione che non è un disturbo da diagnosticare a chi soffre di fantasia compulsiva.
Il maladaptive daydreaming non era nel DSM, ma se fosse riconosciuto la diagnosi da deficit di attenzione non sarebbe più necessaria, perchè la difficoltà a concentrarsi sarebbe solo la conseguenza del problema reale, ovvero una dipendenza da fantasia. Pertanto, è possibile che il deficit di attenzione sia sovradiagnosticato; non tutti sanno, però, che la causa delle difficoltà nel concentrarsi potrebbe essere dovuta al daydreaming, a un disturbo da stress post-traumatico, alla depressione o a molte altre cose.
In conclusione, forse bisognerebbe essere più attenti nel diagnosticare ADHD, perchè le difficoltà di concentrazione possono essere dovute a moltissimi altri disturbi. Se dagli studi emerge la presenza della comorbidità, potrebbe essere dovuto al fatto che esiste una sovra-diagnosi di deficit di attenzione.
Quindi non pensi che possa essere il contrario, cioè che sia il deficit di attenzione a causare il maladaptive daydreaming? Perchè alcuni mi hanno chiesto (e questa era la mia prossima domanda) se ci potesse essere una connessione con la dipendenza, perchè pare che chi abbia il deficit di attenzione sia anche più propenso a sviluppare una dipendenza da sostanze.
E’ una domanda interessante. Penso che la maggior parte delle volte la causalità parta dal maladaptive daydreaming per arrivare al deficit d’attenzione. Nonostante ciò, molte persone affette da MD hanno un’abilità mentale che la maggior parte della gente non ha. Io non riuscirei a fantasticare così vividamente. Sembra essere qualcosa di innato, qualcosa di sostanziale con cui molti daydreamers dicono di essere nati. La maggior parte delle persone con cui parliamo dichiarano che sin dall’infanzia aveva questa capacità di entrare in un mondo di fantasia e goderne pienamente. Sembra essere qualcosa di più strutturale. Per quanto riguarda il deficit d’attenzione, invece, i problemi subentrano un po’ più tardi; se il problema sussiste da prima dei 12 anni è definito un disturbo del neurosviluppo, il che significa che si sviluppa nell’infanzia (non si può diagnosticare qualcuno solo dalla comparsa dei sintomi, magari a 20 anni). Affinchè i sintomi compaiano, c’è bisogno della presenza di richieste provenienti dall’esterno, come l’impegno scolastico. Per molte persone il deficit d’attenzione si presenta non appena cominciano la scuola, quindi a sei anni. Ed è interessante notare che molti maladaptive daydreamers dicono di aver cominciato a fantasticare all’età di tre o quattro anni, quando di richieste esterne non ce ne sono. Il deficit d’attenzione è diverso dal maladaptive daydreaming, perchè nell’uno c’è un’incapacità, appunto, di concentrarsi, mentre l’altro è più vicino all’assorbimento dissociativo di cui si parlava prima. Si è talmente concentrati nelle proprie fantasie da non riuscire più a notare ciò che accade intorno, mentre una persona con ADHD può essere distratta da un suono, che la porta poi a essere attratta da qualcosa di diverso ancora. Sono due cose piuttosto diverse.
Quasi l’opposto?
Esattamente, quasi l’opposto. Nonostante, per alcune cose, possano esserci delle somiglianze. Ad esempio il fatto di dover soddisfare delle richieste provenienti dall’esterno ma trovarsi impossibilitati a farlo a causa della propria disfunzionalità. Ma ripeto, il meccanismo sottostante è molto diverso.
Per rispondere alla tua domanda sulle dipendenze, direi che per alcune persone affrontare la realtà è problematico e scoraggiante, quindi ricorrono all’uso di sostanze che, contrariamente al mondo esterno, danno loro una gratificazione immediata. Questo genere di comportamento, comunque, può manifestarsi in diversi quadri patologici. Sappiamo, ad esempio, che le donne hanno una maggiore tendenza alla depressione, mentre gli uomini hanno una maggiore tendenza a sviluppare problemi con l’alcool. Esiste una teoria secondo la quale le donne riescono ad esprimere di più le loro emozioni, anche negative – arrivando quindi alla depressione – mentre gli uomini tendono a reprimerle, a causa delle aspettative della società patriarcale in cui viviamo che impone loro di “essere uomini”. Esistono, come è evidente, moltissimi modi diversi di affrontare le cose; non saprei dire se ci sia una correlazione fra l’MD e l’alcolismo. Io mi aspetto che ci sia, perchè secondo i nostri studi i maladaptive daydreamers hanno in generale livelli molto alti in un quadro psicopatologico che comprende la depressione, l’ansia, il disturbo ossessivo compulsivo, l’autoescoriazione, l’ansia sociale…un’intera gamma di aspetti che dimostrano che le persone con l’MD soffrono moltissimo. Non sappiamo se a causare gli altri disturbi sia l’MD, probabilmente è diverso da persona a persona, ma in genere un maladaptive daydreamer ha punteggi più alti sulle psicopatologie rispetto a una persona “normale”. Mi aspetterei, quindi, di trovare in un soggetto del genere delle tendenze all’alcolismo o all’abuso di sostanze; c’è la propensione per le dipendenze, essendo la fantasia stessa una dipendenza. Tutto ciò andrebbe approfondito meglio, perchè per ora non ne sappiamo abbastanza.
Invece abbiamo più informazioni sulla dissociazione. Prima, parlando della dissociazione, diceva che i movimenti ripetivi nel maladaptive daydreaming creano una sorta di auto-ipnosi. Sono necessari affinchè sopraggiunga un episodio dissociativo?
Oltre a questo, potrebbe spiegare meglio i concetti di dissociazione e di ipnosi, e in che modo sono connessi con l’MD?
La dissociazione è difficile da definire perchè è un termine ombrello. Uno dei concetti più fortemente legati alla dissociazione è l’assorbimento dissociativo di cui parlavo prima, quando il soggetto è assorbito a tal punto nelle proprie fantasie da perdere contatto con la realtà. Durante questi episodi si attiva il pilota automatico, si potrebbe sognare ad occhi aperti e svolgere una mansione ripetitiva come lavare i piatti. Può accadere di scordarsi di averli lavati, magari capita di trovarne di sporchi nella credenza perchè erano stati messi lì durante un episodio dissociativo, mentre si agiva come un automa ma senza pensare a ciò che in effetti si stava facendo. Questo è uno stato dissociativo blando, non molto grave, perchè può capitare a tutti. Ma compaiono sempre le differenze individuali in questa tendenza all’assorbimento dissociativo e all’automazione, collegati alla suggestionabilità, ovvero al grado in cui si può essere facilmente influenzati, che è collegato a sua volta all’ipnotizzabilità – alla capacità di entrare in uno stato di ipnosi, autoindotto o indotto da altri. Tutti questi sono concetti diversi, ma molto correlati fra loro. Anche storicamente i movimenti ripetitivi hanno a che fare con l’autoipnosi; ciò è inerente alla connessione mente-corpo. Come accennavo prima, un mio studente è interessato a quest’argomento e si è interessato al modo in cui il proprio corpo può essere usato per raggiungere degli stati di coscienza alterata. Alcune persone, tuttavia, riescono a fantasticare senza il bisogno di movimenti ripetitivi, nonostante si tratti di una minoranza all’interno dei maladaptove daydreamers. La domanda da porsi è: perchè i maladaptive daydreamers necessitano di movimenti ripetitivi per autoipnotizzarsi? Le persone che soffrono di episodi dissociativi non ne hanno bisogno, entrano in quegli stati spontaneamente. Non è un interrogativo semplice. L’MD ha una forte componente motoria che non è ancora stata compresa appieno, sono necessarie ulteriori ricerche, come per molte altre cose di cui sto parlando.
Certamente. Lei pensa che l’ipnosi sia una specie di modo attraverso cui dissociarsi?
Si, la dissociazione può essere vista come uno stato simile all’ipnosi. Storicamente questi concetti erano molto collegati: nella storia della psicologia, 150 o 120 anni fa, ci sono stati pazienti a cui è stata diagnosticata l’isteria e avevano altissimi livelli di dissociazione, una tendenza alla relazione stretta con l’assorbimento. Molti dei loro sintomi rientravano in quello che oggi viene chiamato disturbo di conversione; esso ha sintomi di carattere neurologico, e i pazienti diventavano improvvisamente ciechi o non riuscivano a muovere le braccia, o le gambe. Al giorno d’oggi questo disturbo è ben conosciuto, ed è visto come una sorta di autoipnosi perchè l’idea che la mano non possa funzionare corrisponde alla percezione della propria mano che non funziona. È come se un’idea astratta potesse causare dei sintomi neurologici; anche qui c’è una forte correlazione fra mente e corpo. Un tempo era molto più comune di quanto non lo sia oggi. I soggetti con alti livelli di dissociazione hanno la propensione ad autoconvincersi di alcune cose, anche non intenzionalmente. Conversione e dissociazione, quindi, sono concetti molto correlati. Ora non so se conversione e MD possano essere correlati allo stesso modo. Senz’altro il concetto di autoipnosi è assolutamente correlato con la dissociazione, ma fino ad ora il dettaglio dei movimenti ripetitivi all’interno di un quadro dissociativo non esisteva. Questo crea altri collegamenti, con l’autismo per esempio, o con la tendenza alla ripetitività che si ha nell’infanzia. Non è possibile presupporre che tutti i bambini abbiano l’MD, sono troppo piccoli per avere una simile diagnosi. Ad ogni modo, uno degli aspetti del maladaptive daydreaming che verrà approfondito quest’anno sarà appunto quello riguardante il daydreaming nei bambini e il daydreaming precoce, molto difficile da trovare.
Approfondendo il tema della connessione tra mente e corpo, molti daydreamers dicono di non ricordarsi cos’hanno mangiato, oppure di stare svegli la notte per fantasticare. Quanto è frequente la riduzione del sonno, e quali sono le conseguenze?
Una mia studentessa ed io abbiamo elaborato un questionario proprio riguardo alla disconnessione dal corpo e dai suoi bisogni. Per ora, l’abbiamo pensato in relazione solo all’assorbimento dissociativo, ma non al maladaptive daydreaming.
Nello studio che è stato fatto con Eli Somer, di cui ho parlato prima, non ho ancora avuto modo di analizzare i dati relativi al sonno – la qualità e la quantità. La qualità del sonno ha a che fare con quanto tempo ci si impiega ad addormentarsi, se durante la notte ci si sveglia avendo difficoltà a tornare a letto, oppure se ci si sveglia prestissimo senza riuscire a riaddormentarsi, svegliandosi riposati o no. La quantità di sonno invece sono le ore effettive di sonno. Come dicevo, inizialmente la mia ricerca era incentrata sui sogni particolari. Ho ricercato parecchie costruzioni chiamate esperienze di sonno, o esperienze correlate al sonno, che sono un tipo di esperienza vissuta, come i sogni in cui si cade o si vola, incubi o sogni ricorrenti, sognare di svegliarsi mentre si sognava, eccetera. Il ricercatore che ha progettato un questionario per questo genere di esperienze ha scoperto che se è molto presente una di queste esperienze durante il sonno, probabilmente lo sono anche le altre. Tutto ciò è legato ai livelli di stress, di disagio e di ansia nei soggetti.
Tornando al maladaptive daydreaming, nello studio giornaliero abbiamo riportato i dati riguardanti la qualità e la quantità del sonno e l’esperienza di riposo; mi interessava verificare se nei giorni con maggior frequenza e intensità di MD, subentravano questo tipo di sogni durante le ore notturne. È stato interessante notare che la quantità o la qualità del sonno non erano connesse a un aumento di MD. Erano presenti, invece, sogni più inusuali che normali. Ho trovato questa relazione, nonostante non abbia a che fare con la quantità e la qualità del sonno. Nei giorni in cui le persone fanno parecchio daydreaming, il contenuto dei sogni ha il carattere specifico delle fantasie diurne. L’MD, i sogni notturni e l’immaginazione sono aspetti connessi tra loro. Chi ha la tendenza a sognare a occhi aperti, o un’immaginazione bizzarra, ha la tendenza a fare sogni altrettanto bizzarri. In definitiva, sogni e immaginazione sono molto legati. Potrebbe essere interessante rilevare che forse, nei maladaptive daydreamers, sono più comuni i sogni inusuali. Dovrei ricontrollare le analisi e pubblicare i risultati.
Sì, sarebbe magnifico. Una delle domande era appunto sul legame tra sogni diurni e sogni notturni. Ad esempio, può una persona fantasticare durante il giorno e poi sognare quel mondo durante la notte?
Sì, penso che ci sia una forte relazione tra i due. Tra i metodi usati dai terapeuti per aiutare a superare gli incubi, c’è quello di richiamarli all’attenzione del paziente durante il giorno, perchè questi due sistemi sono connessi. Si chiama terapia di ripetizione immaginativa, abbreviato in IRT. Per chi soffre di incubi cronici, è consigliabile ripercorrerli durante la giornata immaginando un finale migliore, sfruttando così la propria immaginazione. Con molta probabilità, quando ricomparirà l’incubo, il finale sarà quello immaginato durante il giorno.
Ho un’ultima domanda per te. Poichè quest’intervista è molto tecnica e molti psicologi e professionisti potrebbero trovarla utile, cosa potresti suggerire loro nel momento in cui dovessero incontrare un soggetto che soffre di maladaptive daydreaming?
È un’ottima domanda, io stessa sono una psicologa clinica e non sono sicura di sapere come curare un soggetto con il maladaptive daydreaming, e forse neanche come affrontarlo. Spesso le persone sono a disagio quando ne devono parlare e quindi, se il professionista o terapeuta dall’altra parte sapesse di cosa si sta parlando, magari saprebbe anche come comportarsi e cosa dire.
Per prima cosa, se si pensa di avere un cliente in questa condizione, bisogna informarsi e leggere quante più pubblicazioni possibili, nonostante non ce ne siano molte – circa una ventina. Bisogna ascoltare con molta attenzione quello che il paziente ha da raccontare, perchè si tratta di un terreno scivoloso nel quale sorgono sempre dei fraintendimenti. Ad esempio, quando parlo ai miei colleghi delle ricerche sul maladaptive daydreaming, loro si domandano come mai io stia patologizzando l’atto di fantasticare, credono che voglia inventarmi un nuovo disturbo. È molto difficile convincere persino gli specialisti del fatto che l’MD è un disturbo reale e condiviso da molte persone. Perlopiù, per i miei colleghi è difficile credere al fatto che sia stato ignorato per tutto questo tempo, si domandano come mai non sia stato scoperto prima. Le persone, per qualche motivo, fanno davvero fatica ad accettare un fatto simile.
Eli Somer meriterebbe di vincere un premio Nobel, se ce ne fosse uno per questo. Rimane un disturbo, ad oggi, quasi sconosciuto, perciò è difficile anche per i terapeuti comprendere; la cosa migliore da fare è ascoltare il proprio cliente e cercare di immedesimarsi nella sua esperienza, informandosi al contempo di altre persone con l’MD. Bisogna essere empatici con le persone che ne soffrono, perchè è un disturbo molto difficile da combattere. Sarebbe uno sbaglio credere che si tratti di semplici fantasie, sintomi di qualcos’altro. Bisogna trovare delle strategie per aiutare le persone affette da maladaptive daydreaming, tenendo conto che è una dipendenza che somiglia all’OCD e per certi versi anche al disturbo da stress post-traumatico. Inoltre, sappiamo che c’è un elevato livello di ansia sociale, quindi tutto questo potrebbe essere affrontato con l’approccio della terapia integrata.
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